Ciliegi e Samurai

Un vecchio adagio giapponese recita: 花は桜木人は武士 HANAWA SAKURA GI HITO WA BUSHI. Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero.

Il samurai è consapevole di essere solo di passaggio su questa terra. La sua esistenza è tanto intensa e magnifica quanto effimera. Nell’iconografia classica giapponese, il ciliegio (sakura) rappresenta contemporaneamente la bellezza e la caducità della vita. Il gesto con cui il vento di primavera rapisce i suoi petali rosa è paragonabile alla morte. Un gesto delicato ed elegante. Mai brutale e radicale. Il ciliegio-samurai cosparge il terreno col mistero del suo sangue prezioso, rendendo fertile tutto ciò che tocca, attraverso l’humus di valori eterni.

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Un’antichissima tradizione nipponica, legata al culto dei ciliegi, è l’Hanami (Ammirare i fiori). Quando le piante sono in piena fioritura, i giapponesi organizzano festosi picnic, apparecchiati su grandi teli azzurri, a base di sushi e birra (vi ho mai detto che adoro i giapponesi?).

Durante la notte l’Hanami cambia nome e diventa Yozakura (La notte del ciliegio), ma il senso del rito non cambia: celebrare la rinascita, il dono della vita, rimanendo sgomenti di fronte alla transitorietà di tanta bellezza.

Dovete sapere che quest’anno ho celebrato il primo Hanami della mia vita. Non in Giappone ma qui in Italia.

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Il Parco Lago dell’Eur, fra i viali e i giardini popolati di nobili sakura, donati nel 1956 dal primo ministro giapponese in visita a Roma, ospita il grazioso evento.

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Vi consiglio una visita al Parco nei prossimi giorni, quando i ciliegi avranno raggiunto l’apice della loro fioritura. Incontrerete persone che indossano eleganti kimono, altre che sorseggiano birra all’ombra delle piante, altre ancora che ingaggiano duelli con la katana.

Magari potrete decidere di affittare un pedalò per attraversare in lungo e in largo il laghetto (stando attenti, mi raccomando, ai canoisti, molto suscettibili di fronte agli improvvisi cambi di rotta).

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Un’esperienza emozionante e stimolante.

La tradizione dell’Hanami, il culto giapponese dei sakura, il poetico paragone fra il guerriero samurai e il ciliegio, sono nozioni che ho scoperto da adulta.

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Eppure, alzando lo sguardo verso le gemme appena sbocciate, mi sono ricordata il mio amore precoce per i ciliegi. Quand’ero piccola e i miei coetanei si ostinavano a rappresentare le chiome degli alberi con soffici nuvole verdi, io scuotevo la testa e mi impegnavo a fare la differenza.
I miei rami, punteggiati di minuscoli fiorellini rosa, artigliavano l’azzurro del cielo, aggrappandosi tenaci  alla vita. Per me l’albero era sinonimo di ciliegio. Per me era promessa di vita e di rinascita. Per me era sempre primavera.

Anche se, affacciandomi dalle finestre della scuola, le foglie erano già tutte un fremito d’autunno.

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