Dalì nel Paese delle Meraviglie

Salvador Dalì. L’ecletticità dei grandi artisti. La pazzia dei geni. La capacità visionaria degli incompleti, di coloro i quali si aggrappano con tenacia alla metà del proprio io, scisso fra realtà e illusione, perennemente distante e inafferrabile. La frattura in Dalì era tanto più evidente e tangibile perché trovava supporto nella morte precoce del fratello maggiore, suo omonimo, e nella delirante convinzione di esserne la reincarnazione: “Ci somigliavamo come due gocce d’acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima versione di me, ma concepito in termini assoluti”.

Il lato giocoso, eccentrico, perfino spudorato dell’artista catalano attirano da sempre la mia natura.

Accosto la sua personalità a quella di un bambino dispettoso, viziato e irrequieto. Scorrendone la biografia, ho sorriso indulgente di fronte ai suoi comportamenti dissacranti più divertenti (penso, per esempio, al messaggio inviato a Ceausescu, con cui invitava il dittatore rumeno a impugnare uno scettro come simbolo della sua potenza). Ovviamente ho storto il naso, imbarazzata e piena di rammarico, di fronte alle trovate di pessimo gusto, come nel caso della scritta provocatoria apposta a un proprio disegno: “Qualche volta, per divertimento, sputo sul ritratto di mia madre”.

Bisogna stare molto attenti, rimanere lucidi e obiettivi quando si parla di Dalì, perché la follia di quest’artista è contagiosa. Passeggiare fra i suoi dipinti surreali è come calarsi in un Paese delle Meraviglie, dove tutto è il contrario di tutto. Il fine diventa lo scopo. La pazzia è normalità. Il tempo è cancellato. Si conta sulle punta delle dita, ma le dita a volte non bastano e allora si adoperano le punte insidiose di due baffetti impertinenti, ripiegati su se stessi all’infinito.

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Dalì è un Cappellaio Matto. Il tè da lui servito ha il sapore forte dell’eccesso e della stravaganza. Pura miscela catalana. Il bimbo capriccioso che è in lui non può non identificarsi nel nonsense Carolliano di Alice nel Paese delle Meraviglie. Così avviene il colpo da maestro: nel 1969 Dalì collabora a un’edizione speciale di Alice in Wonderland della Press-Random House di New York, realizzando dodici splendide litografie (una per ciascun capitolo), più un’acquaforte per il frontespizio.

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L’Alice di Dalì va in giro saltellando con una corda, simbolo del tempo che passa, della ciclicità degli eventi, ossessivi nella loro ripetitività. Lo stesso corpo di Alice si trasforma in una meridiana vivente, intenta a proiettare l’ombra lunga e sottile del proprio destino. Alle sue spalle la luce splendente di un’infanzia ormai al tramonto.

“Destino” è il titolo di un’altra incredibile collaborazione di Dalì, fanciullino giocoso, con Walt Disney. Una triplice “D” (anzi quadruplice, considerando la colonna sonora del compositore Armando Dominguez) quella che si intreccia per dar vita a una piccola gemma surreale, incastonata nella montatura dorata dell’animazione disneyana.

Il progetto, totalmente dimenticato per circa cinquant’anni (dal 1945 al 1999), è stato rispolverato dal nipote di Walt Disney, mentre lavorava alla realizzazione di Fantasia 2000.

Osservando “Destino” (http://www.youtube.com/watch?v=1GFkN4deuZU), sei intensi minuti di poesia, è difficile trattenere la commozione. Si avverte netta la sensazione che “La persistenza della memoria”, l’idea geniale che consacrò Dalì come uno dei maggiori esponenti del surrealismo, continui a colare da quegli orologi fermi e deformi. Molle nostalgia crepuscolare di un passato che ricorre incessantemente.

Nel film d’animazione le anime dei due protagonisti, un uomo e una donna, s’inseguono in un turbinio onirico di allusioni e d’illusioni. Il finale è un messaggio struggente d’immortalità. L’amore, come l’arte, non ha una collocazione spazio-temporale. La sua persistenza è eterna. I delicati pistilli di dente di leone, tanto ricorrenti nell’immaginario di Dalì, simboleggiano la ciclicità e il ritorno. L’oracolo del Destino è racchiuso in quei soffici globi. Dalì, ostinato, dal Paese delle Meraviglie che lo accoglie ora, ci soffia ancora i suoi sogni e i suoi desideri di bimbo capriccioso.

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