Maleficent: hail the villains

“Siccome Dio poteva creare una libertà che non consentisse il male ne viene che il male l’ha voluto lui. Ma il male lo offende. È quindi un banale caso di masochismo”.

Ha ragione Pavese? Probabilmente, in parte sì.

Eppure. Eppure. Eppure. Dio non è uno sciocco. Egli sapeva bene ciò che faceva nel momento apicale della Creazione. Certo, qualche cosetta, qui e lì,  gli è sfuggita di mano. Sfido io! L’intero Creato in appena sette giorni! È comprensibile una piccola svista. E noi gliela perdoniamo volentieri, senza stare troppo a recriminare.

Tuttavia, questa cosa dell’eterno conflitto fra il bene e il male, a mio modesto avviso, non è soltanto frutto di una deriva divina di tipo masochista, ma possiede una ragione profonda di essere, una funzione ben precisa: fornire all’uomo un utile momento di svago e di evasione dai noiosissimi stereotipi imposti dalla bontà a tutti i costi. La vita umana, come la trama dei migliori film campioni d’incassi, sarebbe del tutto svuotata di contenuto e di fascino se privata dell’attrattiva del male.

Ecco il ring dove si combatte l’eterno conflitto. Nel lato più luminoso (e pulito) abbiamo l’eroe, abbagliante nella sua tenuta multi accessoriata da combattimento. Buono, puro, coraggioso, spesso anche bello. Ma così bello da far tremare le vene nei polsi. Ti piace vincere facile, eh!

Nell’angolo più oscuro (e lercio) abbiamo il cattivo. Malefico, corrotto, vigliacco, spesso brutto. Non bruttissimo, però: l’increspatura impercettibile delle labbra, dischiuse in sorriso beffardo e la piega del sopracciglio, arrampicato sull’impervietà di una fronte perennemente arrovellata in pensieri contorti e inaccessibili, lo rendono comunque una creatura terribilmente seducente. Il cattivo, dicevamo, deve lottare con le unghie e con i denti (dove li abbia); dannarsi l’anima (ovviamente!); ingoiare il boccone amaro dell’esilio e della solitudine, cui viene solitamente relegato. Il più delle volte si trova costretto a subire i nauseanti alti e bassi di una personalità scissa, frantumata, a barcamenarsi nell’impossibilità di superare un dramma psicologico, un’antica ferita, un’ingiustizia subita.

Io non ho esitazioni. Per la verità non ne ho avute sin da piccola. Io tifo per il cattivo! E anche voi, ne converrete certamente: il male ha il suo fascino perverso.

Di più: i cattivi meritano un’occasione per riscattarsi.

Personaggi celebri come Dick Dastardly, Mercoledì Addams, Norman Bates, Joker, Dracula, Frankenstein, Hannibal Lecter, Tony Montana, Keyser Soze, Roy Batty… e tanti altri ancora. Io ho parteggiato per loro, mi sono commossa per loro e, soprattutto, ho sperato in un “unhappy end” in grado di gratificarli.

Non vi è nulla di più banale di un lieto fine. Purtroppo, mai una volta che le cose fossero andate per il verso sbagliato (che poi sarebbe quello giusto dal mio, lo ammetto, distopico punto di vista). Mai.

Il match, sistematicamente, si è concluso con una presagita vittoria degli eroi per K. O. tecnico, con buona pace degli scommettitori più accaniti. Alla fine, rimane un uomo soltanto, che pulisce svogliato gli spalti, prima gremiti dal pubblico, mentre le luci si spengono con un schiocco metallico.

È sempre andata così ed io, per la verità, mi ero quasi rassegnata a quest’accanimento crudele contro i malvagi. Quand’ecco giungere inaspettata la sorpresa: l’occasione di riscatto, fornita a una delle più seducenti regine malefiche disneyane. A tal punto Malefica, che esattamente questo è il suo nome.

Che meraviglia di donna! Ho sempre adorato il suo stile gotico: l’abito nero di raso dalla falda purpurea, il fedele compagno pennuto perennemente appollaiato sull’impugnatura lucente dello scettro affilato come uno stiletto e quel vistoso cappello cornuto, che le cinge il magnifico capo come un’orrida corona.

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Angelina Jolie, nel film dal titolo “Maleficent”, che uscirà nelle sale cinematografiche il prossimo maggio, presterà il suo incantevole volto all’inquietante creatura. La storia, un sogno malinconico sospeso nell’etere fiabesco della Disney e cullato in una danza ipnotica dalla voce seducente di Lana Del Rey (Once upon a dream: http://www.youtube.com/watch?v=J0GyNwrd9oE), narra le vicissitudini della giovane Malefica, creatura pacifica, amante della natura, immersa in un bosco popolato di creature fantastiche con cui condivide una vita idilliaca. L’armonia della selva incantata viene drasticamente interrotta da un’invasione tanto violenta quanto ingiusta, a opera di un avido sovrano. Malefica viene così cacciata dal suo regno e gettata nell’infernale spira della vendetta. Di Lucifero la perfida strega possiede lo sguardo luminoso e incantatore, l’atteggiamento tormentato e la necessità di rivelare una verità che è stata manipolata e nascosta. Malefica assomiglia a un Lucifero gnostico, che precipita con il suo piumaggio nero di corvo nell’incubo di un abisso senza fine.

Finalmente il punto di vista di un cattivo. Finalmente l’oscurità delle tenebre dilagano nel mondo edulcorato della Disney. Finalmente l’unhappy end che aspettavo da una vita.

Fatine color pastello, principi azzurri e castelli incantati, con torri blu cobalto, che svettano graziose su un tappeto di candide nubi, dovete rassegnarvi: siete passati di moda. Once upon a time…

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